Ci sono pure quattro agrigentini, tra le 63 persone (ci sono anche imprenditori e pubblici ufficiali) colpite da provvedimenti cautelari nell’ambito della maxi inchiesta denominata “Waterfront”, condotta dalla Guardia di finanza, con il coordinamento della Procura – Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, su un presunto giro di appalti pilotati per favorire la ‘Ndrangheta calabrese.
I coinvolti sono accusati di associazione per delinquere finalizzata alla turbativa d’asta, frode in pubbliche forniture, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche – aggravate dall’agevolazione mafiosa – nonché abuso d’ufficio e corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio.
I provvedimenti, nelle province di Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza, Vibo Valentia, Messina, Palermo, Trapani, Agrigento, Benevento, Avellino, Milano, Alessandria, Brescia, Gorizia, Pisa, Bologna e Roma, sono – scrivono dalla Guardia di finanza – così distinti:
Gli agrigentini coinvolti sono: gli imprenditori di Cammarata Francesco Migliore, 60 anni, e Filippo Migliore, 50 anni, e gli imprenditori di Santo Stefano Quisquina Alessio La Corte, 36 anni e Vito La Greca, 39 anni. Tutti posti agli arresti domiciliari.