Confesso l’attrazione alchemica con il titolo del libro di Mattia Signorini, Le fragili attese, Marsilio Editore. La vita nostra è inattesa attesa, onda che insegue costante il suo mare, in un andirivieni di sentimenti sospesi, ondulati, alti e bassi. “C’è una vaga ironia in questo senso dell’attendere. Non ho fatto altro per tutta la vita: attendere. Che cosa poi, non lo so più.”Con l’occhio allungato su un orizzonte imperscrutabile, misterioso. Cosa accadrà domani?Quell’attesa, pallida o infuocata, scandisce pagine di libro e di vita. E s’ammanta, estenuante attesa, di fragilità. Nel tentativo d’un equilibrio di cristallo che stenta ad arrivare. Le attese altrui sono le attese nostre. Si mescolano sapientemente. “C’era anche un altro posto che Emma non conosceva, era il posto vicino a qualcuno. Qualcuno da poter amare, per tutta la vita”, scrive l’autore. Solitudini, palpitazioni, turbamenti dritti al cuore incantano, fascinosi e suggestivi battiti per il lettore. Ed in punta di piedi lo conducono, un personaggio per volta, con il proprio vissuto e la propria storia, a scavare nel proprio intimo. A scrostare i ricordi. A scoprire con dolce amarezza che si, il tempo li sbiadisce inesorabile, li scolora. I ricordi appartengono al passato, e l’animo ne è silente custode. Le vicende della Pensione Palomar e di Italo, il vecchio titolare che ha scelto di chiudere i battenti, abbracciano un intreccio d’esistenze, di delicata tristezza e d’un tempo che fu. Racchiudono i sospiri degli ospiti che l’hanno vissuta, in attesa d’un treno senza stazioni ne’ fermate, sospesi nel loro tempo, in un dondolio senza tempo. Le attese che ognuno reca, filtrate dal proprio spirito, apparentemente statica rassegnazione dell’io, osservano con piglio deciso l’ignoto futuro. Celano timide una fiammella di speranza, quello slancio di vita sublimato, uno su tutti, dalla capacità e dal desiderio di Italo d’innamorarsi ancora. Di scoprire, irradiato da una ventata di fresco entusiasmo, cosa s’intravede al di là di quell’impalpabile velo di fumo e d’ombra.
Eva Di Betta