Lampedusa, 4 anni fa la strage di migranti: 368 i morti. Grasso: ‘Isola esempio da imitare’. L’urlo del cardinale Montenegro: «Mai più morti!»
Il ricordo di una delle più terribili tragedie dell’immigrazione, 368 migranti morti – quelli accertati – in una naufragio a poche centinaia di metri dalla costa lampedusana il 3 ottobre 2013, è la base per far comprendere ai giovani il tema dell’immigrazione, in un appuntamento di 4 giorni per il progetto “L’Europa inizia a Lampedusa” cui partecipano il presidente del Senato Piero Grasso e il ministro dell’istruzione Valeria Fedeli. E i circa 200 studenti, italiani ma anche di Spagna, Malta, Austria, Francia, nel tam tam che ha riportato la notizia sull’isola, hanno constato in prima persona ciò che spesso leggono sulle cronache: una barchetta con sette tunisini è approdata al molo Favaloro proprio mentre stava parlando il ministro. E nelle stesse ore, davanti alla Libia, le navi della Marina e della Guardia Costiera italiana, hanno salvato circa 800 persone, salpate dalla Libia su gommoni e barconi. Segno che la rotta del Mediterraneo centrale è tutt’altro che chiusa “Lampedusa è un luogo dove si è fatta la storia del fenomeno della immigrazione. Ciò che accade qui è l’immagine di quello che sarà nel resto dell’Europa.
LA STRAGE 4 ANNI FA – LE FOTO
Lampedusa è quindi un esempio, un modello da imitare e da seguire”, ha detto Grasso. “Vogliamo più Europa a Lampedusa. Bisogna capire iniziando dalle scuole il fenomeno migratorio. Bisogna imparare ad accogliere comprendendo tutto, soprattutto i pericoli che corrono coloro i quali cercano di fuggire da guerre e da situazioni molto gravi. Io penso che dobbiamo salvare le vite. Dobbiamo capire il grande sacrificio che fanno per fuggire”, ha rimarcato il ministro Fedeli. Il sindaco delle Pelagie, Totò Martello, ha detto: “Sono dell’avviso che sia giunto il momento di unirsi, di non fare più polemiche inutili e che servono solo a creare un panico che non deve esistere. Lampedusa rimane un luogo dove l’integrazione, l’accoglienza e la fratellanza sono delle priorità”. Grasso e Fedeli hanno anche inaugurato il museo archeologico che era stato aperto solo per qualche mese. “Stiamo interagendo con la soprintendenza di Agrigento – ha spiegato Martello – Tutti i reperti che da anni sono custoditi negli scantinati della soprintendenza e che riguardano la storia delle nostre isole torneranno qui e potranno essere messi a disposizione dei visitatori”.
Nel museo vi è una sezione dedicata alla immigrazione con pannelli che ritraggono migranti al loro arrivo sull’isola. L’appuntamento per gli studenti, cominciato sabato scorso, ha previsto workshop, incontri, faccia a faccia con migranti e superstiti, esperti e addetti ai lavori, in occasione delle commemorazioni per la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione.“L’Europa inizia a Lampedusa” è un progetto promosso dal ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca in collaborazione con il Comitato 3 ottobre. È reso possibile grazie all’impegno del Fondo Asilo Migrazione e Integrazione (Fami) gestito dal Ministero dell’Interno. Le ragazze e i ragazzi giutni a Lampedusa frequentano l’ultimo triennio delle scuole secondarie di secondo grado e provengono da 35 istituti italiani e da 4 istituti di altri paesi europei.
Con loro anche 40 ragazzi dell’isola e una rappresentante della European agency for special needs and inclusive education. I sette tunisini giunti sull’isola in serata sono stati accompagnati nell’hot spot da dove prorpio oggi sono stati trasferiti a bordo della nave di Frontex, “Olympic Commander”, altri 420 nordafricani. Per il trasferimento sulla nave, rimasta in rada, sono state utilizzate motovedette della Capitaneria di porto e della Guardia di finanza
L’urlo del cardinale Montenegro: «Mai più morti!»
«Davanti a questo mare di Lampedusa ci sono 30.000 morti e sono solo quelli contati; ma ve ne sono altrettanti non contati. Vogliamo e dobbiamo smettere di contare i morti. Bisogna abbattere i muri e i reticolati che ingabbiano anche i cuori e continuano a uccidere. Dobbiamo dire con forza “Mai più morti!”, “Tutti devono sopravvivere e avere speranza”. Questa Europa stanca e debole deve cambiare».
È l’appello, quasi un urlo quello del cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente della Caritas italiana, davanti alla Porta d’Europa, dove si è conclusa la marcia in memoria delle vittime dell’immigrazione.
«Questa Porta d’Europa deve restare aperta, qualcuno vorrebbe chiuderla, ma dobbiamo impedirlo», ha concluso davanti ai sopravvissuti della strage del 2013 e agli studenti giunti da vari paesi europei ai quali si è in particolare rivolto.
Save the Children: «Si disse mai più, ma le persone continuano a morire»
«Di fronte alle bare allineate nell’hangar, quattro anni fa si disse “Mai più”. Purtroppo da allora, uomini, donne e bambini hanno continuato a perdere la vita in mare nel tentativo di raggiungere l’Europa. Ma non dobbiamo dimenticare neppure coloro che muoiono ancora ogni giorno attraversando il deserto, nei campi di detenzione o attraversando una frontiera per raggiungere il loro paese di destinazione. Ciascuna di queste morti è un fallimento per l’intera comunità. Per questo è necessario garantire canali sicuri e legali di accesso, soprattutto per i più vulnerabili come famiglie con bambini e minori non accompagnati», afferma Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia in occasione del quarto anniversario del tragico naufragio del 3 ottobre 2013 al largo delle coste di Lampedusa.
L’Organizzazione, impegnata in Italia dal 2008 in attività e interventi di supporto e assistenza dei minori stranieri in arrivo via mare, partecipa anche quest’anno agli eventi organizzati dal Comitato 3 Ottobre a Lampedusa, con la presenza dei ragazzi di SottoSopra, il Movimento giovani per Save the Children e la loro web radio UndeRadio.
Le vittime commemorate nel mare di Lampedusa
Motovedette e pescherecci – che hanno avuto un ruolo cruciale nelle fasi drammatiche del salvataggio dei superstiti – si sono recati sul punto della tragedia. Molta commozione a bordo durante gli attimi in cui si sono ricordate le vittime, con silenzi, preghiere e fiori gettati in mare.