Ieri giornata importante per la Cattedrale di Agrigento. Oltre alla marcia silenziosa che ha mosso tutto il popolo agrigentino, proprio a causa dell’aggravarsi delle fessurazioni nella navata nord all’interno del Duomo, é stata necessaria la Traslazione di Mons.Giuseppe Petralia, ivi sepolto. Dopo la celebrazione di una messa nel coretto della Cattedrale dall’Arcivescovo card. Montenegro, alla presenza del Capitolo Metropolitano, che ha ricordato la figura del già vescovo di Agrigento Mons. Giuseppe Petralia, é stato accompagnato il feretro in forma privata nella concattedrale San Domenico, dove era stato preparato il sepolcro che ha accolto i resti mortali. Sacerdote letterato, ottimo oratore e redattore, Mons. Petralia fu il primo vescovo che studió il “Fenomeno Mafioso” da non confondere, come egli stesso sosteneva, con “la comune criminalità quotidiana”. Uomo di poesia e di fede, manifestò la sua attenzione alla diocesi non solo stando vicino alla popolazione nei momenti drammatici (frana di Agrigento del 1966 e terremoto nel Belice del 1968) ma anche pubblicando libri ed editoriali, bussando dritto al cuore della sua gente.
Mons. Petralia nacque a Bisaquino, nella diocesi di Monreale il 1° gennaio del 1906. Dopo gli studi in seminario, venne ordinato sacerdote il 7 aprile 1928 dal card. Pompilj svolgendo per parecchi anni il ministero sacerdotale nel palermitano. Molto vicino alla figura del Cardinale Ruffini, del quale però non condivideva l’atteggiamento conservatore, ebbe stretti contatti con il mondo dei letterati. Fu Mons. Petralia a rompere gli schemi di una letteratura stantia e chiusa mettendo in risalto i valori della fede con e nella cultura. Non a caso, grazie a lui, si ebbe il primo Convegno di studi cattolici a Palermo. Divenne collaboratore di Parva Lucerna e di Fides. Impegnato anche con “La tradizione”di Mignosi, con “Il frontespizio”di Bargellini, Betocchi, Lisi, con “Ragguaglio”di don Paolo Ratti, scrisse su L’Osservatore Romano e su Vita e pensiero. La sua vocazione alla scrittura e alla contestualizzazione delle problematiche presenti nel territorio siciliano, nel 1974 lo portarono a redigere, in qualità di segretario CESI, il documento dei vescovi siciliani, forse il più incisivo dopo il Concilio Vaticano II, che vede la denuncia dei “mali sociali” come: “la crisi dell’agricoltura e dell’artigianato; l’emigrazione di massa; l’analfabetismo e la non qualificazione professionale; la disoccupazione e la sottoccupazione; la situazione infelice delle zone colpite dalle calamità naturali; il livello minimo del reddito. lI suo impegno aperto non solamente alla scrittura lo portó alla direzione di diverse testate giornalistiche, tra cui “L’Amico del Popolo”. Gli venne infatti consegnata la medaglia d’oro al giornalismo in campo nazionale. Fu Docente nei seminari di Palermo e Monreale ed anche di Agrigento; maestro nella Scuola di Servizio Sociale e nella Facoltà di Giornalismo di Palermo. Sempre fedele al Vangelo e alla sua vocazione, Mons. Petralia guidó la Diocesi agrigentina in un periodo molto difficile. Venne eletto vescovo il 13 ottobre 1963 e consacrato il 3 novembre festa di San Libertino, facendo il suo solenne ingresso presso la Diocesi di Agrigento alla vigilia dell’Immacolata dello stesso anno. Successore dell’arcivescovo mons. G.B. Peruzzo il cui episcopato durò trentuno anni, s’inserisce con i suoi sedici anni e mezzo d’intensa fatica pastorale tra ferite subite dalla frana di Agrigento, le complicanze per la riapertura della Cattedrale e la tremenda sciagura del terremoto nella Valle del Belice. Nel primo anniversario della sua consacrazione episcopale (1964) nel giorno di San Libertino mons. Petralia affermò:
“La Diocesi di Agrigento è diventata l’unica ragione della mia vita, mi sento a lei legato con un vincolo che forse nemmeno la morte potrà distruggere. I vostri bisogni sono i miei bisogni, le vostre aspirazioni sociali e spirituali sono in tutto le mie aspirazioni. Io non vivo, io non so vivere, che per voi”. Prima di morire manifestó espressamente la volontà di essere seppellito dentro la Cattedrale di San Gerlando. Morí a Palermo il 7 luglio del 2000.